Con il mercoledì delle Ceneri inizia il periodo della Quaresima, tempo liturgico in cui siamo chiamati ogni anno a fare più spazio alla Parola di Dio e al messaggio esigente della conversione e dell’astinenza da ciò che sa di superfluo e non necessario.
Certamente chi vive da anni questa dimensione può scorgervi una certa ripetitività e forse anche una inutilità sul piano personale, sociale, umano e persino liturgico.
Ma non è così. Si tratta di una ripetitività che è sempre nuova, di una conoscenza mai piena, di un esercizio mai noioso.
Il richiamo alla sobrietà e ad una vita semplice è presente in quasi tutte le religioni e da sempre le persone più vicine a Dio scelgono e si sforzano di condurre un’esistenza all’insegna della povertà e soprattutto del distacco dalle cose materiali, anche se non è facile e non tutti vi riescono.
Nel nostro tempo sono in molti ad essere poveri, chi per scelta, chi perché costretto dalle contingenze della vita: i primi ci ricordano la caducità delle cose terrene, facendoci volgere lo sguardo verso le realtà trascendenti; gli altri ci provocano ad essere generosi verso chi non ha e ad essere moderati nei consumi e nell’uso delle cose materiali.
La società tecnologica genera continuamente il bisogno di consumare, perché là dove aumenta il consumo e dunque la domanda, cresce la produzione e dunque il lavoro, quindi anche ciò che non è necessario, come il cellulare, il computer, la televisione, sono ormai considerati “generi di prima necessità”.
Queste idee hanno senza dubbio un fondamento razionale e sono alla base del concetto di sviluppo, ma non possono essere assolutizzate, perché rischiano di innescare un circolo vizioso dal quale può diventare difficile uscire.
Pur vivendo in questo mondo e in questa società, e dunque accettando ritmi, mezzi e regole che in qualche modo ci impone, dobbiamo conservare un sano distacco da ciò che ci viene sottoposto perché non lo accettiamo senza senso critico, senza giudizio.
Il metro di giudizio di noi credenti è la Parola di Dio che ci richiama continuamente a scegliere le cose che contano: il primato dello spirito che non è disprezzo della materia, ma consapevolezza di una gerarchia di valori più importanti.
Nel Messaggio per la Quaresima 2010, che il Santo Padre ha inviato a tutti i cattolici, si legge tra l’altro: “L’ingiustizia, frutto del male, non ha radici esclusivamente esterne; ha origine nel cuore umano, dove si trovano i germi di una misteriosa connivenza col male. Lo riconosce amaramente il Salmista: “Ecco, nella colpa io sono nato, nel peccato mi ha concepito mia madre” (Sal 51,7). Sì, l’uomo è reso fragile da una spinta profonda, che lo mortifica nella capacità di entrare in comunione con l’altro. Aperto per natura al libero flusso della condivisione, avverte dentro di sé una strana forza di gravità che lo porta a ripiegarsi su se stesso, ad affermarsi sopra e contro gli altri: è l’egoismo, conseguenza della colpa originale”.
Possiamo limitare questo egoismo e questo ripiegamento su noi stessi con la preghiera e una più piena unione con Gesù, poi con una vita più semplice in cui impariamo progressivamente a fare a meno di cose non necessarie, e poi ancora con il perdono gratuito e generoso a tutti coloro che ci hanno offeso e mortificato. Sono le medicine che ci possono aiutare a guarire dal male tanto antico e difficile da sradicare che è la cupidigia, l’avidità.
Riflettere su tali spunti può aiutarci a migliorare noi stessi e a vivere con autentico spirito di rinnovamento la Quaresima e il tempo di Pasqua, perché la memoria annuale del Cristo crocifisso e Risorto sia ricca di frutti spirituali e di opere buone.