Sconcertano le ultime dichiarazioni riportate dai giornali del presidente del Consorzio Industriale Andrea Ferroni in merito al Polo della Logistica di Passo Corese. Ferroni definisce “cocci”, badate bene, non la politica fallimentare di sviluppo industriale della provincia di Rieti, che è sotto gli occhi di tutti, ma quanto dovrebbe celare da un punto di vista archeologico l’area che è stata scelta per realizzare il suddetto Polo.
Ferroni ci ricorda che il fattore tempo in ambito imprenditoriale è importante. Ma va? Ci è arrivato anche a lui, incredibile. Allora ci spieghi le seguenti cose:
1- perché, quando il Consorzio affidò al privato (individuato nel dicembre 2002 a seguito di una semplice manifestazione di interesse in merito al piano regolatore precedentemente adottato nel giugno del 2000) l’intera operazione immobiliare del Polo della Logistica attraverso la stipula di una convenzione siglata nell’ottobre del 2003, accettò una clausola che rendeva valida detta convenzione soltanto se si fosse realizzata una variante al piano regolatore concepita dallo stesso privato? Mancavano solo quattro mesi all’approvazione da parte della Regione Lazio del piano regolatore, non era forse consapevole il Consorzio che una variante in ampliamento, che tra l’altro abbatteva le opere di pubblica utilità, le compensazioni e i vincoli accrescendo le superfici edificabili e le cubature, avrebbe significato affrontare ulteriori quattro o cinque anni di iter? Non è forse vero che se si fosse realizzato il progetto definitivo sul piano regolatore originario a quest’ora avremmo avuto un Polo della Logistica in funzione già da diversi anni?
2- perché il Consorzio nella V.I.A., Valutazione di Impatto Ambientale, (e precisamente nella Tavola 13 “Aspetti archeologici”) ha sostenuto che le indagini archeologiche devono prevedere l’utilizzo di tecniche sofisticate, mentre invece le indagini si stanno effettuando con il metodo dello scotico superficiale a campione, cioè con le ruspe che grattano alcuni centimetri di terra e solo in poche zone dell’area rispetto ai 170 ettari? Forse perché le tecniche in uso oggi in tutto il mondo, come ad es. le prospezioni geofisiche, non lascerebbero dubbio alcuno sul contenuto dell’area e si realizzerebbero in soli tre mesi al costo di soli 170.000 euro?
3- perché il Consorzio preferisce spendere diversi milioni di euro (2.300.000 ad oggi secondo quanto dichiara Ferroni) per le indagini attraverso lo scotico, ben sapendo che sono ormai obsolete, lente e costose, oltre che rischiose per eventuali danneggiamenti, e che lasciano inoltre profondi dubbi sull’esistenza o meno di importanti reperti, invece di spendere preventivamente soltanto 170.000 euro per avere, in soli tre mesi, una mappa esatta del sottosuolo archeologico dell’intero territorio espropriato per poter così adeguare il progetto e partire quindi immediatamente alla realizzazione dei lotti, preservando al contempo tutti i beni archeologici presenti?
4- perché il Consorzio adottò nel giugno del 2000 un Piano Regolatore su un’area che nel 1980 era stata già indagata dalla prof.ssa Maria Pia Muzzioli (pubblicata nel 1980 da Olschki con il titolo “Cures Sabini”, collana Forma Italiae) dove la stessa aveva rinvenuto numerosi siti archeologici di notevole importanza collegati a Cures Sabini?
5- perché si è proceduto: nell’individuazione del partner privato a cui affidare l’intera operazione immobiliare del Polo della Logistica (17-12-2002), nella costituzione della Infrastrutture Sabine – Società Consortile a R.L. (29-1-2003), nella stipula della convenzione tra il Consorzio e il partner privato (29-10-2003), nell’approvazione da parte della Regione Lazio del Piano Regolatore (25-2-2004), nella costituzione della Parco Industriale della Sabina SpA (14-9-2004), nella costituzione della Corese Costruzioni – Società Consortile a R.L., se già erano stati pubblicati gli esiti di ulteriori e più approfondite indagini archeologiche di un gruppo di ricercatori internazionali di chiara fama e autorevolezza, in “The Sabinensis Ager Revisited”, nel n. 70 dei “Papers of The British School at Rome” del 2002, rivista di riferimento a livello mondiale per tutti gli aspetti archeologici relativi alla Valle del Tevere, che attestavano un numero ben cinque volte maggiore di siti archeologici nell’area del Polo rispetto a quelli già rinvenuti dalla prof.ssa Muzzioli nel 1980, distribuiti addirittura in 10 epoche differenti? Perché continuare nonostante tali studi abbiano contrassegnato la superficie in questione “ricca di emergenze archeologiche” evidenziando la presenza di numerose “ville di pregio con mosaici e marmi”, probabili “fattorie” o “ville medio-repubblicane”, di almeno un “luogo di culto” di epoca repubblicana, di un’area di industria litica, di varie aree ancora da indagare e sospette della presenza di altri siti, di “frammenti fittili”, di “strade principali e secondarie”, di “acquedotti sotterranei”, da cui si ricava l’idea che l’area è stata fortemente antropizzata per secoli? Forse non si è saputo, o voluto, gestire “cum granu salis” la vicenda e si è preferito procedere a testa bassa pensando di riuscire ad annacquare il tutto con una pioggia progressiva di milioni di euro, che continua ad essere il solo ritornello che continuiamo ad ascoltare dal Consorzio?
6- Perché la Regione Lazio nel febbraio del 2008 avrebbe riportato nel Piano Territoriale Paesistico Regionale nella tavola B20 i numerosi siti presenti nell’area, da salvaguardare con una fascia di rispetto di 100 metri, ed avrebbe rappresentato nella tavola C20 l’area in questione come Parco Archeologico? Per i “quattro cocci” di Ferroni o perché invece si tratta di un’area archeologica di primaria importanza come già ampiamente documentato?
Aspettiamo risposte.
Il Consorzio è evident
e che deve assumersi tutte le responsabilità in merito ai ritardi sul Polo della Logistica, frutto di macroscopici errori e del solito metodo dei “furbetti del reatino”, dove la spregiudicatezza dei metodi si sposa con l’assenza assoluta di trasparenza da parte degli amministratori. E dovrà assumersi anche tutte le responsabilità in merito alla conservazione dei beni dello Stato presenti in quell’area archeologica.
Da candidato alle elezioni regionali per la Lista Bonino-Pannella e da iscritto a Sabina Radicale continuerò più forte il mio impegno affinché la trasparenza e la legalità siano rispettati sempre e comunque, con una particolare attenzione in quel che resta dell’operazione del Polo della Logistica, e per vigilare affinché si faccia luce e chiarezza sull’intero patrimonio archeologico presente nell’area.
In ultimo rendo noto che l’on. Elisabetta Zamparutti (radicale, eletta nel PD), insieme agli altri deputati radicali Marco Beltrandi, Rita Bernardini, Maria Antonietta Farina Coscioni, Matteo Mecacci e Maurizio Turco, ha presentato nei giorni scorsi una interrogazione a risposta scritta al Ministro per i Beni e le Attività Culturali, al Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti e al Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, in merito al Polo della Logistica e alla ricchezza di emergenze archeologiche presenti nell’area. Nell’interrogazione si vuole conoscere “quali iniziative assumere al fine di avviare un ripensamento dei progetti logistici che minacciano la valle del Tevere”, “valutando, ove ne sussistano i presupposti, la possibilità di inibire o sospendere in via cautelativa il progetto di costruzione del Polo della Logistica di Passo Corese.”