Non esiste più il senso civico, riflessioni di una maestra in fila al drive-in covid

“Sono in coda al drive in della ASL di Rieti per fare il tampone. Piove, la fila avanza lentamente, mi preparo ad una lunga attesa. Un uomo in divisa con il distintivo “sorveglianza” o “sicurezza” cammina avanti e indietro accanto alla coda di macchine raccomandando agli autisti di tenersi vicino a bordo.

Dopo circa mezz’ora di lento procedere, all’ennesimo tentativo di ripartenza, il motore della mia macchina non si accende: evidentemente la batteria si è scaricata. Vedendo che la fila si è bloccata l’uomo in divisa si avvicina, gli spiego che ho un guasto e lui risponde: “Signò se te s’è rotta la macchina io non te posso fa’ niente!” poi gira i tacchi e si allontana. Esco e cerco di spingere la mia auto per non perdere la posizione faticosamente guadagnata ma da sola non riesco a muoverla. Nel frattempo le macchine dietro di me, su indicazione del simpatico personaggio, mi superano e la fila continua ad avanzare.

Torno in macchina e osservo queste famigliole, con bambini che potrebbero essere miei alunni, che si guardano bene dal prestare aiuto ad una persona (lasciamo stare donna, lasciamo stare 60enne) e procedono, soddisfatti di poter guadagnare un posto nella fila. Mi viene in mente che forse noi insegnanti abbiamo sbagliato qualcosa.

Telefono al meccanico, ma è sabato e non risponde, quindi non mi resta che chiedere aiuto a familiari e amici. Mentre attendo l’arrivo di mia sorella penso che sarebbe utile documentare questa assurda situazione e scatto qualche foto con il cellulare. Il solerte guardiano, che mi aveva ignorato mentre spingevo la macchina sotto la pioggia, si accorge finalmente di me, si avvicina e mi chiede se per caso ho scattato delle foto. Non gli rispondo. Continua insistentemente a blaterare e a minacciare non meglio specificate denunce e conseguenze penali.

Di fronte al mio silenzio capisce che le minacce non funzionano, cambia tono e dice che posso andare a fare il tampone anche a piedi, anzi mi ci accompagnerà lui stesso. Quindi lo guardo e gli chiedo: “e prima non me lo poteva dire?”. Vi risparmio le scuse puerili che sono seguite e le continue richieste di non pubblicare la sua foto (che tra l’altro non ho mai scattato). Faccio il tampone, poi risolvo il problema della macchina in panne grazie all’aiuto di parenti ed amici.

Una disavventura davvero piccola, rispetto al disastro che sta accadendo e ai drammi che molte persone stanno vivendo, magari non valeva neanche la pena raccontarla. Forse però vale la pena porsi qualche domanda sull’atteggiamento prevalente, normale, ormai dato per scontato: fregarsene del problema, piccolo o grande che sia, dell’altro. Pensare solo al proprio vantaggio, piccolo o grande che sia. Nel nostro meraviglioso paese del resto funziona così: non possiamo contare sul senso civico delle persone, ma solo sulla rete di relazioni familiari e amicali.

Mi allontano dal drive in con un po’ di amarezza guardando il nostro eroe con la divisa della “sicurezza” che continua a svolgere il suo utilissimo lavoro dicendo a tutti di tenersi vicino al marciapiede.”