“Abbiamo già parlato del fiume Velino lamentando l’incapacità di riconoscere l’importanza naturalistica del fiume a fronte della possibilità di sprecare risorse pubbliche a favore dell’artificializzazione a scopo “precauzionale”.
Ricordiamo che gli argini artificiali, più che contenere le alluvioni, favoriscono il degrado degli ambienti fluviali e limitrofi disconnettendo la continuità territoriale per proteggere strutture e attività antropiche fuori posto. I dissesti e le alluvioni sono conseguenza della regimentazione dei corsi d’acqua che cancella gran parte del sistema biologico e degli equilibri degli ecosistemi fluviali. La scomparsa della vegetazione riparia, la tendenza alla rimozione delle asperità del fondo hanno come unica conseguenza l’aumento della velocità e della devastazione.
Ma in Italia la pioggia di soldi proveniente dallo Stato, dalle Regioni o dalla UE per la messa in sicurezza dalle alluvioni non è utilizzata per interventi extra-alveali di reti derivazione o creazione di riserve idriche, ma per disboscare, rialzare gli argini, alterare le sponde favorendo unicamente interessi economici locali. Queste operazioni condannano l’ecosistema fiume alla banalizzazione, sono condotte con macchinari altamente invasivi quali escavatori pesanti, e sono condotte in maniera ripetuta e generalizzata anche nel pieno della stagione riproduttiva della fauna selvatica. Oltre al taglio della vegetazione, l’utilizzo di questi macchinari comporta l’amminutamento dei rifiuti e dei materiali plastici spesso abbandonati lungo le rive in notevoli quantità, amplificando l’impatto negativo sulla qualità ambientale degli ecosistemi.
Il risultato è un aumento del degrado e del rischio come accade inevitabilmente quando l’uomo compete con la Natura invece di comprenderla e accettare i limiti che essa impone a livello di gestione ecosostenibile, l’unica che riteniamo ammissibile. In particolare gli interventi dell’ARDIS effettuati alcuni anni fa sul tratto del fiume Velino tra Caporio e Casette (denominato Fiume Morto) hanno previsto la distruzione della vegetazione di sponda e l’innalzamento di circa 5 metri dell’argine fluviale nel tratto a valle del Comune di Cittaducale, per circa 10 chilometri.
L’innalzamento delle sponde è stato effettuato nonostante, a causa delle derivazioni, questo tratto di fiume in estate è praticamente privo d’acqua perché viene completamente derivata dal canale artificiale costruito dall’Enel, che conduce l’acqua fino al Velino a Casette, violando la Direttiva 2000/60/CE per quanto riguarda il Minimo Deflusso Ecologico.
I lavori effettuati dall’ARDIS su insistente richiesta anche degli agricoltori e di Erg (Centrale Idroelettrica di Cotilia, a Cittaducale), causando disarticolazione del sistema ecologico-ripariale hanno aumentato il rischio per danni per dissesto idrogeologico, dilavamento dei terreni ed esondazioni con possibili perdite del raccolto o diminuzione della produzione proprio per il comparto agricolo, che sarebbe invece sicuramente avvantaggiato da una gestione naturalistica del territorio.
Tali interventi, come verificato su campo, hanno determinato la destabilizzazione del sistema spondale confermata da una serie impressionante di crolli di alberi anche di significative dimensioni, circa 3 km prima della confluenza del fiume morto (vecchio alveo Velino) e il canale Enel (Erg). La vegetazione ripariale del Velino è stata già danneggiata da terribili tagli a raso che hanno causato l’eliminazione della preziosissima fascia a Salix purpurea (verificatesi anche nell’area urbana di Rieti), che con il suo sistema radicale, è stata ulteriormente messa in difficoltà dall’innalzamento dell’argine e in alcuni tratti il fiume non è percorribile nemmeno in canoa a causa dell’accumulo di vegetazione franata in alveo.
Questa catastrofica situazione conferma che il modo migliore di gestire i fiumi è favorirne quanto più possibile la naturalizzazione delle sponde e delle aree golenali, essendo le foreste ripariali e il rispetto degli ambiti di esondazione l’unico metodo efficace dal punto di vista ecologico per la stabilizzazione e messa in sicurezza dei corsi d’acqua.
Altresì è doveroso evitare qualsiasi uso improprio delle aree golenali. Anche nel fiume Velino paradossalmente spesso i peggiori danni ambientali sono stati perpetrati proprio per mettere in sicurezza infrastrutture e aree produttive costruite in modo irrazionale in zone di esondazione da lasciare, per quanto possibile, in condizioni naturali e prossimo-naturali.
Partendo da questi principi ribadiamo che la sola politica fluviale e scientifica per il fiume Velino deve:
– riportare la gestione su un corretto piano tecnico-scientifico per garantire sia la tutela degli ecosistemi che una corretta gestione naturalistica del rischio di alluvioni;
– realizzare studi sulla vulnerabilità ecologica e faunistica del reticolo;
– coinvolgere in tutte le fasi professionalità e competenze in campo naturalistico ed ecologico (geomorfologiche, botaniche, forestali, ecologiche, faunistiche, ornitologiche, oltre che ingegneristiche);
– obbligare al rispetto della “finestra” temporale di stop agli sfalci e a qualsiasi tipo di taglio, durante la nidificazione degli uccelli e la riproduzione della “fauna minore”;
– organizzare corsi di formazione obbligatori per il personale tecnico e operativo, che prevedano materie naturalistiche ed ecologiche;
– investire risorse per ripulire il Velino dai veri rifiuti, ovvero quelli di origine antropica;
– prevedere in via ordinaria l’allargamento delle fasce alberate, sia per motivazioni di riqualificazione ecologica sia per adeguarle ai mutamenti dei regimi di piovosità indotti dai cambiamenti climatici;
– garantire l’uso sostenibile dei sistemi idrici (acqua, sedimenti, biota), attraverso una pianificazione integrata che preveda l’armonizzazione delle attività antropiche alla loro riqualificazione ecologica;
Tali obiettivi sono del tutto in linea con la Strategia Nazionale per la Biodiversità (2010) afferma come obiettivi specifici da conseguire entro il 2020 (e quindi miseramente falliti a quanto è dato vedere):
- proteggere e preservare gli ecosistemi delle acque interne a scala di bacino idrografico, contrastandone il degrado e la perdita di biodiversità e, laddove possibile, promuoverne il ripristino, per garantirne vitalità e funzionalità e la produzione dei servizi ecosistemici che da essi derivano, principalmente per l’alimentazione e il rifornimento idrico ma anche per la loro capacità di mitigazione degli effetti dei cambiamenti climatici;
- garantire l’integrazione delle esigenze di conservazione della biodiversità degli ecosistemi delle acque interne e dei relativi servizi ecosistemici nelle politiche economiche e di settore, rafforzando la comprensione dei benefici derivanti e dei costi della loro perdita;
- migliorare la conoscenza dello stato complessivo dei sistemi acquatici, per comprendere gli effetti degli impatti derivanti dalle attività umane e dai cambiamenti climatici sui sistemi fisici e sui processi biologici ad essi associati;
- contenere la pressione antropica sulle acque interne esercitata dalla domanda turistica anche attraverso la diversificazione della stagionalità e delle modalità di fruizione.
Sulla base dell’analisi delle principali minacce alla Biodiversità delle acque interne e degli obiettivi di questa area di lavoro, la Strategia Nazionale per la Biodiversità identifica le seguenti priorità d’intervento del tutto in contraddizione con l’artificializzazione dei corsi d’acqua:
a) assicurare entro il raggiungimento e il mantenimento dello stato ecologico “buono” per i corpi idrici superficiali e sotterranei o, se già esistente, dello stato di qualità “elevato”, secondo la Direttiva Quadro sulle Acque (WFD) 2000/60/CE e la normativa nazionale di recepimento;
b) assicurare la piena operatività dei Piani di Bacino Distrettuali e dei Piani di tutela delle acque ;
c) rafforzare la tutela degli ecosistemi acquatici, sviluppando le opportune sinergie tra quanto previsto dalla WFD e dalle Direttive Habitat e Uccelli, come suggerito dal Piano congiunto tra CBD e Ramsar (River Basin Initiative – COP V della CBD – Decisione V/II, maggio 2000) e come attualmente in corso di approfondimento nell’ambito della Strategia comune di attuazione della WFD (CIS – Work Programme 2010- 2012);
d) ridurre in modo sostanziale gli impatti sugli ecosistemi acquatici diminuendo l’incidenza delle fonti di inquinamento puntuali (reflui urbani, reflui di impianti industriali e di trattamento rifiuti) e diffuse (nutrienti e pesticidi) e gli effetti dell’inquinamento atmosferico; - potenziare l’attività conoscitiva in materia di tutela delle acque, attraverso l’ottimizzazione delle reti di monitoraggio meteo-idro-pluviometriche e freatimetriche, non solo per la gestione del rischio idrogeologico, idraulico e di siccità, ma anche per valutare la disponibilità della risorsa idrica superficiale e sotterranea; l’attività conoscitiva va estesa anche alle pressioni sulle risorse (es. prelievi, restituzioni, ecc.) al fine della stima del bilancio idrico;
- f) razionalizzare l’uso delle risorse idriche, attraverso la regolamentazione delle attività e delle procedure in ordine al regime concessorio del bene acqua e il controllo delle captazioni illecite e delle dispersioni dovute al malfunzionamento della rete di distribuzione, valutando, sulla base di un’analisi costi/benefici, la risorsa che, a scala di bacino, può essere utilizzata senza compromettere i servizi ecosistemici;
- g) sostenere azioni finalizzate a migliorare l’efficienza di utilizzo delle risorse idriche per le attività produttive e il riutilizzo dei reflui depurati per gli usi compatibili in tutti i settori, promuovendo il risparmio idrico e progetti finalizzati alla definizione delle migliori pratiche tecnologiche per il trattamento delle acque potabili e per l’abbattimento degli inquinanti naturali sovrabbondanti;
- h) ridurre gli interventi di regimazione ed alterazione dell’idromorfologia dei corsi d’acqua, ripristinando il più possibile le connessioni dei corpi idrici e dei relativi ecosistemi, al fine di favorire le specie ittiche migratrici e le specie che utilizzano i corpi idrici e gli habitat associati per i loro spostamenti abituali;
- i) promuovere le attività di informazione sul valore della risorsa idrica, sul diritto di accesso e sulla necessità del risparmio idrico;
- j) promuovere la conservazione di corpi idrici di alto pregio, attraverso il recupero di zone umide, il ripristino di fiumi a meandri, e il mantenimento di corpi idrici seminaturali;
- k) promuovere la corretta programmazione degli interventi irrigui, privilegiando le produzioni tipiche mediterranee;
- l) applicare il divieto d’introduzione di specie aliene invasive nei corpi idrici (ad esempio per interventi di ripopolamento per scopi alieutici);
- m) promuovere unicamente attività economiche che prevedano la corretta fruizione degli ecosistemi acquatici e delle risorse ittiche.
- European Consumers intende partecipare, in sinergia con associazioni ambientaliste, ricercatori scientifici, gruppi di cittadini ed altre organizzazioni all’organizzazione di campagne di sensibilizzazione per chiedere agli enti gestori l’applicazione rigorosa di modelli gestionali eco-sostenibili e rispettosi per l’ambiente di fatto previsti da Convenzioni, Strategie e normative nazionali e internazionali.
- Tutti gli enti gestori che si ostineranno ad applicare forme obsolete di gestione fluviale saranno individuati e posti alla pubblica attenzione, ove possibile intendiamo intraprendere anche azione legali contro chiunque, amministratore o privato, non intenda impegnarsi per la tutela della biodiversità dei corsi d’acqua.”
Marco Tiberti – Presidente European Consumers