ANTIPERELLISMO E VOGLIA DI VIVERE SPINGONO PETRANGELI AL SUCCESSO

Il sindaco Petrangeli

Cronaca di una vittoria annunciata. Oppure di una sconfitta annunciata. Dipende dal punto di vista dal quale la si guardi.

Una cosa è certa: di dubbi sull’affermazione di Simone Petrangeli ne erano rimasti davvero pochi. L’unico dubbio, semmai, riguardava la portata della vittoria.

Un successo con consensi vicini al 70% (seppur con un’astensione vicina al 40%), probabilmente neanche lo stesso Petrangeli osava sognarlo. Il centrodestra esce frantumato da questa tornata elettorale e quel misero 30% rimediato al ballottaggio sarà una base strettissima dalla quale ripartire.

Ma cos’ha portato a questo cambiamento epocale a Rieti? In città ha vinto, innanzitutto, la voglia della maggior parte della gente di smettere di sopravvivere e provare, una volta tanto, a vivere. Il Governo Emili ha tentato di mettere pezze che nella maggior parte erano peggio dei buchi, rimediando all’emorragia dei posti di lavoro con palliativi che, magari, hanno pagato nel breve periodo, ma che, nel lungo periodo, hanno avuto un effetto boomerang devastante.

A Rieti, oggi, ha vinto la voglia di riscatto verso una “casta” di politici locali, arroccati su privilegi fastidiosi che non passano inosservati in una città di provincia. Ha vinto la reazione verso l’arroganza di alcuni assessori, politici e dirigenti, lontani dalle vere esigenze della cittadinanza e sordi ai richiami anche di quelli che, con convinzione, li avevano sostenuti e portati al Governo.
A Rieti ha vinto la volontà complessiva di cambiare e, con essa, ha perso una classe politico/dirigente che ha gestito la città dall’abbondanza degli anni ’80 alla crisi degli anni 2000. In quel 70% di Petrangeli c’è, di fatto, la condanna alla sparizione di alcuni personaggi che, nel bene o nel male, sono stati al centro della vita cittadina e che, anche per ragioni anagrafiche, difficilmente torneranno sui banchi del consiglio comunale.

Starà ai (tanti) nuovi arrivati non farli rimpiangere e far meglio di loro. A Rieti ha vinto l’antiperellismo. Un termine che entrerà nel vocabolario del frantumato ed astensionista centrodestra locale: è facile immaginare che, in quel quasi 40% di non pervenuti alle urne elettorali, ci sia una stragrande maggioranza di delusi e scontenti che non hanno mai mandato giù la designazione delle urne delle primarie.

Da Chicco Costini in là, fino al gruppo di Antonio Emili e de La Destra, l’indicazione è stata “libertà alle urne”. Il che, tradotto, significa una cosa sola: astensione. Non volendo votare Perelli, infatti, era inimmaginabile che chi ha una certa storia politica alle spalle spostasse (tanto) a sinistra il proprio pensiero.

A Rieti, in conclusione, ha vinto soprattutto Simone Petrangeli: giovane, battagliero e determinato. E’ sopravvissuto ad una maratona elettorale di oltre 6 mesi, sbaragliando prima i quotati avversari alle primarie del centrosinistra, poi le corazzate cittadine che poggiavano su vent’anni di Governo.
Certo, una mano gliel’hanno data gli avversari con manifesti elettorali dell’ultima ora, concentrato di luoghi comuni che ricordavano Peppone e Don Camillo ma che, francamente, nel 2012 sono apparsi al limite della follia.

Quei pochi in dubbio hanno capito che, stavolta, proprio non era il caso di ridare fiducia a quella giunta uscente. A parte ciò, a parte questi piccoli dettagli, la vittoria è tutta di Simone Petrangeli.
Oggi per lui è festa, da domani comincia il lavoro duro per ripagare la gente della fiducia che gli ha concesso.