Federcaccia Rieti: Attività cinofile e gestione del cinghiale sono le priorità

Un dibattito aperto, sano, protrattosi ben oltre le quattro ore e mezza previste dal “solito” copione. Federcaccia Rieti pone molta carne al fuoco con i propri rappresentanti comunali, e anche se chiude il bilancio 2017 in lieve disavanzo – legato peraltro a ritardi tecnici dei trasferimenti dal livello nazionale – getta le basi per guardare al futuro in maniera diversa.

Andando con ordine e partendo dai numeri, l’assemblea ordinaria di Federcaccia Rieti ha registrato la partecipazione della stragrande maggioranza dei presidenti delle sezioni comunali del territorio, desiderosi di offrire il proprio contributo alla discussione. Leggero il segno negativo a fine anno, dovuto unicamente al ritardo dei trasferimenti del fondo funzionalità dal livello nazionale, poi erogato ma ormai da ascrivere al prossimo bilancio. Chiarito l’equivoco e preso atto del calo fisiologico degli iscritti, che va di pari passo con il decremento della popolazione venante, l’assemblea ha approvato all’unanimità sia il bilancio consuntivo 2017 che il preventivo 2018, con soli due astenuti per quest’ultima votazione, non senza un vivace dibattito nel quale è intervenuto il presidente dell’Ambito territoriale di Caccia Rieti 2, il federcacciatore Gianni Gianfranco.

Ma l’aspetto più interessante dell’assemblea è stato senza dubbio quello legato alla partecipazione anche di “ospiti” esterni, che a vario titolo interagiscono eccome con il mondo della caccia. A cominciare dal giovane presidente di Coldiretti Rieti Alan Risolo, veterinario e cacciatore, esperto della gestione degli ungulati, che ha parlato del problema cinghiale su larga scala. In quest’ottica Coldiretti si è posta come capofila del sistema di gestione della specie, che nelle aree più problematiche dovrà cambiare la propria condizione etologico-giuridica passando da “patrimonio indisponibile dello Stato” – al pari della stragrande maggioranza delle specie selvatiche italiane – a “patrimonio disponibile dello Stato”, dando cioè il là ad una gestione che esula dai classici parametri venatori ma si incentra sulle questioni relative alla sicurezza, alla prevenzione dei danni alle colture, alla filiera alimentare sotto l’aspetto igienico-sanitario come anche alla cucina tipica e – perché no? – all’alta cucina. Un obiettivo simile non può non aver bisogno del sostegno del mondo venatorio, che sarebbe braccio esecutivo della gestione vera e propria, anche all’interno di quelle aree protette che si rivelino incapaci di gestire la propria fauna.

Un altro intervento interessante è stato quello dei presidenti regionale e provinciale dell’Aica, settoriale arcieri di Federcaccia, che hanno illustrato ai presenti cos’è e come funziona la caccia con l’arco, e quanto sia utile al controllo selettivo degli ungulati soprattutto in determinate aree di difficile gestione, ad esempio le zone periurbane ormai antropizzate.

Nella sua relazione, poi, il presidente provinciale di Federcaccia Rieti Fiorenzo Panfilo ha illustrato entrambi i bilanci parlando del calo dei soci, ma anche della possibilità di trovare diverse fonti accessorie di finanziamento, prima fra tutte la gestione della cinofilia e dell’attività di addestramento – con particolare riferimento alla nuova zona addestramento cani di Stipes e alla piana di Rascino -, e chiedendo spunti e contributi ai presenti su cosa ci sia da migliorare e quali fossero, a loro modo di vedere, le priorità percepite dalla maggioranza dei cacciatori.

Emblematico, poi, l’intervento del presidente dell’Atc di Frosinone 1 Edmondo Vivoli, che ha parlato delle complicazioni occorse per la delibera di giunta regionale che fissa a 50 il numero dei delegati in assemblea di ogni Atc e a 10 quello dei membri del consiglio direttivo, contro i 100 e i 20 degli anni passati. A quel punto Aldo Pompetti, presidente regionale di Federcaccia Lazio, ha chiarito come tale delibera – che dimezza i posti e quindi genera mal di pancia – sia stata rallentata per mesi dalle piccole associazioni. Il presidente ha inoltre chiarito come l’accordo con Coldiretti, sotto certi aspetti rivoluzionario, sia stato siglato a livello nazionale prima e regionale poi, “Perché gli Atc – ha concluso Pompetti – devono cambiare drasticamente: ciò che p stato fatto sinora si è rivelato non funzionale alla caccia, dunque non è più possibile continuare su questa linea. Il programma con Coldiretti è ambizioso e punta a dare valore al territorio, alla ruralità”.