Nato il gemellaggio tra Castelnuovo di Farfa e Ulàssai

E’ finalmente arrivato in porto il progetto di gemellaggio tra il borgo sabino, famoso
per il Museo dell’Olio, Castelnuovo di Farfa, e il borgo sardo, altrettanto noto per il
Museo “La Stazione dell’Arte”, Ulàssai, due comuni e due musei uniti nel nome della
grande artista contemporanea, Maria Lai.

Ma quale significato ha oggi un progetto di gemellaggio? Il gemellaggio è un legame
simbolico, ma riconosciuto ufficialmente, che può contribuire a sviluppare relazioni
strette, umane, politiche, culturali ed economiche tra due comuni appartenenti a due
regioni diverse, che hanno una grande prospettiva di cooperazione sia in campo
nazionale che europeo.

“Un buon accordo di gemellaggio – hanno detto i giovani sindaci dei due comuni,
Gian Luigi Serra di Ulàssai e Luca Zonetti di Castelnuovo di Farfa – può recare molti
benefici alle nostre comunità. L’unione tra perso diversi punti di vista. Può consentire agli operatori economici di creare sinergie utili e ai giovani di creare uno scambio culturale interessante e proficuo, anche sul piano degli studi”.

Ulàssai è un pittoresco borgo-museo al centro dell’Ogliastra, nella parte centroorientale
della Sardegna, con tradizioni, cultura, prelibatezze e un territorio dalle
mille attrazioni. Con un’alta percentuale di persone longeve fra i suoi 1500 abitanti
contribuisce a una delle cinque “blue zone” del mondo (zone dove si vive
mediamente di più). Ulàssai sorge in provincia di Nuoro, a quasi 800 metri d’altezza,
fra rocce calcaree, sulle cui pendici, vivono da millenni foreste sempreverdi e si
aprono spettacolari grotte tra le più importanti d’Europa, con pareti altissime, laghetti
e stalattiti che si uniscono a stalagmiti formando enormi colonne.

Ulàssai è un’ampia
terrazza che guarda il mare, presentando un paesaggio carsico completamente diverso
da quelli dell’intera Sardegna. In vari punti affiorano sorgenti che, nei periodi di
maggiore piovosità, danno origine a cascate. Simbolo del paese è l’“Arco di
Barigau”, maestoso monumento che faceva parte di un’antica cinta muraria ormai
scomparsa. Il borgo è un “museo a cielo aperto”, recentemente promosso dal FAI
come uno dei luoghi del cuore del nostro paese. Oltre 2100 persone lo hanno eletto
tra i 15 luoghi più suggestivi d’Italia, in armonia tra natura e opere d’arte. Il gioiello
del paese è la Stazione dell’Arte, che custodisce le più belle opere dell’artista Maria
Lai, la cittadina più celebre di Ulàssai.

Castelnuovo di Farfa è uno scrigno che contiene alcuni gioielli da non perdere,
come il Museo dell’Olio della Sabina, un’esperienza sensoriale indimenticabile, e il
monumento medioevale di S. Donato, edificato prima dell’anno mille. Da visitare il
centro storico che presenta alcuni magnifici palazzi del XVII secolo e un giardino
all’italiana, affacciato in una splendida valle di olivi e casali. Castelnuovo di
Farfa, mille abitanti circa, è un delizioso borgo di origine medievale che sorge in una
delle zone più belle e suggestive della Sabina, su un poggio a 358 mt., tra il fiume
Farfa ed il torrente Riana. Famoso per l’eccellenza dell’olio che produce, ospita non a
caso il Museo dell’Olio della Sabina. Il paese è situato a pochi km dall’Abbazia di
Farfa, meta culturale e religiosa di rilevanza internazionale. A Castelnuovo di Farfa,
dove non è un problema trovare ospitalità, offerta con sapienza da ristoranti,
agriturismi, maneggi e B&B, la storia e la cultura vanno a braccetto con il gustoso
e antichissimo olio extravergine. Ottenuto da dieci varietà di olivi (Carboncella,
Leccino, Raja, Frantoio, Olivastrone, Moraiolo, Olivago, Salviana e Rosciola), l’olio
della Sabina ha un colore giallo-oro dai riflessi verdi, il suo sapore è aromatico e
l’acidità massima è pari allo 0,60%.

Maria Lai, come molti sanno, ma lo ricordiamo per i più giovani, era nata nel 1919 a
Ulàssai ed è scomparsa nel 2013, a oltre 93 anni. A causa di una malattia, non aveva
potuto frequentare i primi anni della scuola e questo le aveva permesso di sviluppare
in modo libero la sua indole artistica. A nove anni si trasferì a Cagliari per cominciare
la scuola e lì conobbe il professor Salvatore Cambosu che l’avvicinò al ritmo della
poesia. Nel 1940 si spostò a Roma per frequentare il liceo artistico e poi a Venezia,
dove seguì il primo corso di scultura con il professor Arturo Martini dell’Accademia
delle Belle Arti. Nel 1957 arrivò la prima mostra personale alla galleria Obelisco di
Roma. Negli anni sessanta iniziò la sperimentazione, che avrebbe caratterizzato per
sempre la sua arte con l’utilizzo di materiali inediti. Era l’ora delle stoffe, dei telai,
dei pani e dei libri cuciti, che hanno reso celebre in tutto il mondo la “nostra” Maria
Lai.
Il suo forte legame con la Sardegna non le impedì di amare anche la Sabina (territorio
di olivi compreso tra Roma e Rieti), quando fu chiamata a realizzare alcune opere per
il Museo dell’Olio di Castelnuovo di Farfa, tra le quali “Olio di Parole”, un corridoio
buio che riporta il visitatore alla nascita dell’Universo e “L’Albero del Poeta”, in cui
le parole di un’antica favola sono incise sulla chioma di un albero. “C’era, c’era una
volta, c’era una volta un albero, un vecchissimo albero che era rimasto solo nell’isola
del vento, voleva popolare la terra di alberi generosi e di poeti”. Il racconto che
Maria Lai, pensando alla sua terra, volle per accogliere i visitatori del museo, una
visita che rappresenta un’esperienza sensoriale indimenticabile.

Uno dei lavori che la rese nota, non solo in Italia, è senz’altro “Legarsi alla
montagna”, nel settembre 1981 l’artista sarda annodò con un nastro azzurro le case di
Ulàssai, un’intera comunità, alla sua montagna. E il nastro azzurro di Maria Lai
continua a legare le persone anche dopo la sua morte, quasi a voler fermare quella
disgregazione che interessa oggi tutte le comunità.

“Questa volta ad essere idealmente legate da quel nastro azzurro – hanno detto i due
sindaci – sono le nostre comunità che si gemellano nel nome della grande artista
contemporanea”. Due paesi nei quali Maria Lai, l’artista con le mani di bambina, ha
lasciato un ricordo indelebile.

Di Giuseppe Manzo