Immagine della Giustizia poco edificante, 20 avvocati reatini: invertiamo la tendenza!

Non solo la tanto temuta “chiusura” del tribunale reatino fra le criticità che gravitano attorno a palazzo di giustizia, in piazza Bachelet. A sollevarle un gruppo di venti avvocati reatini – fra giovani iscritti e legali con 20/30 anni di esperienza professionale – i quali hanno ritenuto necessario portare all’attenzione delle massime autorità della giustizia locale le problematiche concrete e contingenti che nel quotidiano la affliggono. Al centro del documento di 4 pagine inviato al presidente del tribunale Mele, a quello di sezione Martucci, al procuratore Saieva, al presidente dell’Ordine degli Avvocati Luca Conti ed ai dirigenti del tribunale, i rapporti – a volte problematici – fra operatori di giustizia; il rispetto del ruolo dell’avvocatura e dei protocolli frutto di studio e lavoro altamente qualificato degli organismi forensi e di alcuni dei loro componenti; la tutela dei diritti dei cittadini, in particolare dei non abbienti.
Fra le problematiche più urgenti da risolvere la fissazione di 30 /45 processi (a volte anche qualcuno in più) in alcune udienze penali; il loro svolgimento (quando la grande aula “Caperna” non è disponibile) nelle assai esigue aule della ex – pretura. Tutte circostanze queste che, oltre a creare disagi ai cittadini, alle parti ed ai testimoni (non di rado tali udienze penali si concludono alle 20,00 circa) determinano la sostanziale disapplicazione dei protocolli che con tanta fatica, impegno ed assiduo lavoro gli organismi di settore hanno dapprima predisposto e poi sottoscritto con la presidenza del tribunale. Tanti gli aspetti trattati nel documento (dal c.d. “gratuito patrocinio” alle difese d’ufficio sino all’accesso ai fascicoli, spesso difficoltoso) sottoposti all’attenzione dei destinatari del documento: ciò con l’auspicio che la segnalazione di tali criticità venga affrontata con l’apporto di tutte le componenti del complesso “universo giustizia”.
Questa l’aspettativa, non certo parziale ne tantomeno corporativa, dei venti firmatari, come dimostra la chiara dichiarazione d’intenti che chiude il documento: la disapplicazione dei protocolli è segno “di un atteggiamento non consono e non adeguato alla dignità e al rispetto quali si convengono alle reciproche funzioni”, dicono gli avvocati. Di qui l’attenzione al “bene supremo” dell’amministrazione della giustizia, al cui buon andamento non concorrono certo positivamente i rapporti tra i suoi protagonisti (soprattutto avvocati e magistrati) “… spesso, anche pubblicamente, tesi e conflittuali”.
Invertiamo insieme la tendenza!
Questo, in parole povere, l’appello ai magistrati dei 20 avvocati, e ciò alla luce del fatto che l’immagine del mondo della giustizia – come si legge nella conclusione del documento – restituita all’esterno ” non è certo edificante e mortifica il ruolo e la funzione di tanti che in essa vivono, operano e lavorano con dedizione, senso dell’istituzione e dello Stato”.
E’ attesa ora la risposta delle istituzioni.