Il tenore Enrico Caruso svolse parte del servizio di leva a Rieti, chiesta targa in ricordo

Il giornalista reatino Tito Cheli scrive al sindaco di Rieti Simone  Petrangeli una lettera chiedendo di porre una targa per il tenore Enrico Caruso nella facciata del fabbricato dove era sita la Caserma di San Fabiano (nelle foto), in ricordo del periodo nel quale  il grande artista napoletano svolse una parte del servizio di leva nella nostra città.
“In questi ultimi tempi sono venuto a conoscenza che il celebre tenore Enrico Caruso, nel periodo di leva, ha effettuato il servizio militare nella nostra città, precisamente nella Caserma “San Fabiano”, in Via San Francesco 18, sede del XIII Reggimento di Artiglieria dove è rimasto per 45 giorni.
Con la presente, vorrei sollecitare la sua attenzione, trattandosi di un personaggio di grande valore nella storia della musica italiana, come lo è Mattia Battistini, di ricordare quel “passaggio” della vita terrena di Enrico Caruso nella nostra città, ponendo una targa a ricordo di quell’evento sulla facciata del fabbricato sul cui portale in marmo si può ancora leggere “Caserma di San Fabiano”.-
Nulla di strano o di particolare, soltanto una memoria nella vita della città dove, tra l’altro, il grande tenore napoletano, grazie alla sensibilità di un ufficiale dell’esercito italiano, trovò motivo per realizzare il suo sogno”.
Nota con i particolari di quel periodo.
La nascita artistica di Enrico Caruso avvenne a Rieti, città dove il grande tenore napoletano effettuò il servizio militare. Nella capitale partenopea dove il giovane cantava nelle chiese, tutti apprezzavano la grande intonazione della sua voce, ma soltanto a 19 anni Enrico Caruso decise di iniziare lo studio del canto, quando nel febbraio del 1894, venne chiamato al servizio militare e destinato a Rieti, nel distaccamento del XIII Artiglieria nella “Caserma San Fabiano” che si trovava al civico 18 di Via San Francesco. Caruso vestì la divisa militare soltanto per 45 giorni. Secondo una prassi allora in uso, Enrico ebbe la possibilità di farsi sostituire, nell’adempimento degli obblighi militari, dal fratello Giovanni. Una mattina il giovane artigliere napoletano, nella sua camerata della caserma di Rieti, situata in Via San Francesco, mentre lucidava i bottoni della sua divisa cantava ad alta voce. Il canto arrivò agli orecchi del maggiore Magliati comandante della batteria d’artiglieria dove Enrico Caruso prestava servizio.
Ascoltata la voce del giovane soldato, l’ufficiale lo avvicinò e gli disse, con principi lontani dalla consueta sensibilità militare, “la sua ugola non può essere rovinata dalla fatica e dall’umidità”. L’ufficiale chiese al giovane artigliere quale fosse la sua professione. Caruso rispose “Ma….aspiro al teatro!”. In serata, il Maggiore lo fece chiamare nel suo ufficio per comunicargli che gli aveva trovato un maestro di canto a Rieti, un maestro che lo avrebbe istruito con la vera tecnica dell’arte per tutto il tempo sarebbe rimasto in servizio di leva a Rieti. L’insegnante era il reatino David Marcucci, successore di Luigi Stame, maestro della Cappella del Duomo di Rieti. Marcucci dava lezioni di canto anche ad altri giovani tra i quali il noto baritono reatino Giulio Mari.
Il maggiore Magliati, gli procurò anche la possibilità di continuare a coltivare il canto in casa del barone Costa: un melomane, che individuò i limiti del giovane tenore e lo orientò allo studio di uno spartito estremamente congeniale: Cavalleria rusticana. Come Mattia Battistini, anche Enrico Caruso cantò spesso nella cattedrale reatina. Una volta, ricorda lo storico reatino Francesco Palmegiani, Enrico Caruso si esibì ufficialmente insieme ai cantori della Cappella Sistina a Rieti per una festa religiosa. Il giovane tenore napoletano cantò indossando la divisa di artigliere e per questo fu punito con due giorni di prigione.
Caruso cantò anche in un Circolo di Cultura di Via Garibaldi fondato dagli studenti universitari che lo avevano intitolato a Marco Terenzio Varrone. A testimoniare la presenza del tenore napoletano a Rieti anche una nota del sito web del maestro Leonida Forgini, scomparso recentemente. “Quando ero ragazzo ricordo che nell’ambiente musicale reatino di allora si narrava una storia risalente agli anni 1893-94. Mio nonno, Giovanni Forgini, era allora un ventenne e conobbe un soldato che stava svolgendo il servizio di leva a Rieti. Questo giovane napoletano, appassionato di musica incontrò mio nonno violinista e chitarrista e insieme nelle ore di libera uscita facevano musica dilettando i reatini che, come si ricorda, in quell’epoca ne erano veri intenditori”.
Era il periodo del verismo e sicuramente si saranno dilettati con le arie composte dai grandi musicisti dell’epoca: Puccini, Mascagni ecc. e con le belle canzoni di Napoli. Quel giovane soldato si chiamava Enrico Caruso. Divenne il più grande tenore del mondo. Svolse la maggior parte della sua attività al Metropolitan di New York. Molti i critici musicali che ritengono che fino ad oggi nessun altro tenore abbia superato nella vocalità il tenore napoletano, come del resto si sostiene per il baritono Mattia Battistini.
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