Funerale Andrea Balloni, Cattedrale stracolma

Una Cattedrale di Santa Maria stracolma ha dato l’ultimo saluto ad Andrea Balloni, il giovane venuto a mancare in un tragico incidente stradale domenica 23 aprile.
A celebrare la funzione il Vescovo di Rieti Monsignor Domenico Pompili. Oltre a parenti ed amici presenti la squadra degli Arieti rugby,  Terni Rugby, le giovanili, semplici cittadini, il senatore Gianni Letta, l’Interact ed il Rotary.
A portare il feretro i compagni di squadra. Scroscianti applausi all’uscita dalla Cattedrale.
L’OMELIA DEL VESCOVO DI RIETI DOMENICO POMPILI:
Lunedi della II settimana di pasqua (At 4, 23-31; Sl 2; Gv 3, 1-8)
“Andò da Gesù di notte”. Nicodemo è un uomo ormai maturo quando si reca da Gesù ‘di notte’ per evitare sguardi indiscreti. Ma, forse, l’oscurità esteriore fotografa bene il suo stato interiore. Anche per noi da ieri è notte fonda e rimaniamo confusi rispetto ad una tragedia che umanamente appare senza sbocchi. Ma siamo qui per lasciarci ispirare da Gesù che dice: “Se uno non nasce dall’alto, non può vedere (il Regno di) Dio”. Che significa nascere dall’alto?
E, soprattutto, che cosa vuol dire dopo che una giovane esistenza si è schiantata contro un muretto di cemento? Come può nascere dall’alto uno quando è morto? “Può forse entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e rinascere?”. Istintivamente ci verrebbe da dar ragione al buon senso di Nicodemo. Del resto, siamo ormai tutti disabituati a pensare la vita fuori dal semplice calcolo biologico. Ce ne siamo fatti una ragione. Si vive e, anche se non ci pensiamo, si muore. A chi prima, a chi dopo. Il miracolo dell’esistenza sembra un biglietto di sola andata. Che vuol dire allora rinascere dall’alto? Gesù aggiunge: “Se uno non nasce da acqua e Spirito, non può entrare nel Regno di Dio. Quello che è nato dalla carne è carne, e quello che è nato dallo Spirito è spirito”. Come dire che la vita sotto il profilo della carne è limitata e irreversibile. Ma è altra cosa quando è ricondotta alla sua segreta identità. Se allarghiamo il nostro sguardo cambia tutto.
L’orologio di Andrea si è fermato alle 4.15, rotto dall’impatto. Ma proprio quell’attimo che lo ha reso immobile, per quanto disteso nella sua fisicità fresca e aggraziata, non è necessariamente la fine. Ce lo suggerisce l’istinto del nostro cuore che si ribella all’idea che sia tutto compromesso. Ce lo dice involontariamente la vita stessa di Andrea che è stata segnata da una grande passione per il rugby, a dispetto di tutte le raccomandazioni che suggerivano di astenersene. Il rugby è una palla ovale da controllare, rimanendo sempre calmi, lucidi, riuscendo con tenacia, dedizione e umiltà a portarla oltre la linea di meta. Qualcosa è andato storto nell’esistenza di Andrea che si apprestava a laurearsi.
Non è la prima volta che è accaduto, come mi confidava Stefania. Ma il suo coraggio e la sua ostinazione sono un indizio di quello spirito che non si rassegna alla carne, perché padroneggia le cose storte della vita. Vorrei che lo immaginassimo così Andrea. Sgusciato via dalla mischia e correre a perdifiato verso la meta vera dell’esistenza. Gesù ce lo dice con chiarezza: “Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove viene e dove va”.
Sì la vita è come il vento, non sai da dove viene e dove va, eppure il vento soffia ancora. Anche per Andrea. Da lui impariamo a vivere la vita, ad assaporarla ancora più intensamente, a non sprecarne neppure un istante. Per comprendere finalmente il senso della parole di Gesù: ”Se non uno non nasce dall’alto non può vedere Dio”.